Prendiamo due rami d'industria nei quali la giornata lavorativa abbia la stessa lunghezza, diciamo un processo lavorativo di dieci ore: per es., la filatura tessile e la costruzione di locomotive. Nel primo caso, si fornisce giornalmente o settimanalmente una data quantità di prodotto finito, refe; nell'altro, per fabbricare un prodotto finito, una locomotiva, il processo di lavoro dev'essere ripetuto per la durata forse di tre mesi. Nell'un caso, il prodotto è di natura discreta, e lo stesso lavoro ricomincia ogni giorno od ogni settimana; nell'altro, il processo lavorativo è continuo, si estende su un certo numero di processi di lavoro giornalieri, e questi, nella loro riunione, nella continuità del loro operare, danno un prodotto finito solo dopo un lasso di tempo più lungo. Benché qui la durata del processo lavorativo giornaliero sia la stessa, si ha una differenza molto notevole nella durata dell'atto di produzione, cioè nella durata dei processi lavorativi ripetuti che si richiedono per fornire il prodotto finito, per spedirlo come merce al mercato, quindi per convertirlo da capitale produttivo in capitale merce. La differenza tra capitale fisso e capitale circolante non ha con ciò nulla a che vedere. La differenza indicata sussisterebbe anche se nei due rami d'industria si impiegassero esattamente le stesse proporzioni di capitale fisso e circolante.
Queste differenze nella durata dell'atto di produzione hanno luogo non soltanto tra sfere diverse di produzione, ma anche all'interno della stessa sfera di produzione a seconda del volume del prodotto da fornire. Una comune casa di abitazione si costruisce in tempo più breve che una fabbrica di una certa grandezza; quindi richiede un minor numero di processi lavorativi continui. Se la costruzione di una locomotiva costa tre mesi, quella di una corazzata prende un anno o più. La produzione di cereali richiede quasi un anno, la produzione di bestiame cornuto più anni; quella di legname può abbracciarne da 12 a 100. Una strada può essere costruita in qualche mese; laddove una ferrovia assorbe anni, un tappeto comune forse una settimana, un arazzo degli anni, ecc. Le differenze nella durata dell'atto di produzione sono dunque infinitamente molteplici.
È chiaro che la differenza nella durata dell'atto di produzione non può non implicare, a parità di anticipo di capitale, una differenza nella velocità di rotazione, quindi negli spazi di tempo per i quali si anticipa un dato capitale. Posto che nella filatura meccanica e nella fabbrica di locomotive si impieghino capitali di pari grandezza; che la ripartizione in capitale costante e variabile sia la medesima, come pure la ripartizione in elementi fluidi ed elementi fissi del capitale; che la giornata lavorativa abbia eguale durata, e che la sua divisione in lavoro necessario e pluslavoro sia, in entrambi i casi, la stessa; posto inoltre, per eliminare ogni circostanza estranea al caso in questione e derivante dal processo di circolazione, che refe e locomotiva siano tutt'e due fabbricati su ordinazione e pagati alla consegna del prodotto finito; alla fine della settimana, consegnato che sia il refe, il filatore riottiene allora (prescindiamo qui dal plusvalore) tanto il capitale circolante anticipato, quanto l'usura del capitale fisso racchiusa nel valore del prodotto; può quindi ricominciare lo stesso ciclo con lo stesso capitale: questo ha compiuto la sua rotazione. Il costruttore di locomotive, invece, dovrà anticipare nell'arco di tre mesi, settimana per settimana, sempre nuovo capitale in salario e materia prima, e solo tre mesi dopo, alla consegna della macchina, il capitale circolante via via sborsato durante questo tempo in un solo e medesimo atto di produzione, per la fabbricazione di una sola e medesima merce, si ritroverà in una forma atta a ricominciare il ciclo; allo stesso modo, soltanto allora gli verrà reintegrata l'usura subita dal macchinario durante quei tre mesi. L'esborso dell'uno è per una settimana; quello dell'altro è l'esborso settimanale moltiplicato per 12. Supposte eguali tutte le altre circostanze, l'uno deve disporre di dodici volte tanto il capitale circolante dell'altro.
Che tuttavia i capitali anticipati settimanalmente siano eguali, e qui una circostanza indifferente. Qualunque sia la grandezza del capitale anticipato, nell'un caso esso viene anticipato soltanto Per una settimana, nell'altro per 12, prima che con esso si possa nuovamente operare, ripetere la stessa operazione o iniziarne una d'altra specie.
Qui la differenza nella velocità della rotazione, o nello spazio di tempo per il quale si deve anticipare il singolo capitale prima che lo stesso valore capitale possa servire daccapo in un nuovo processo di lavoro o di valorizzazione, ha la seguente origine: Supponiamo che la costruzione della locomotiva, o di una macchina qualsiasi, costi ioo giornate lavorative. Rispetto agli operai occupati nella filatura e nella costruzione di macchine, le ioo giornate lavorative costituiscono tutte uniformemente una grandezza discontinua (discreta), che consiste, secondo l'ipotesi, in ioo processi lavorativi susseguenti, separati, di io ore ciascuno. Ma, rispetto al prodotto - la macchina -, le ioo giornate lavorative costituiscono una grandezza continua, una giornata lavorativa di i.ooo ore di lavoro, un unico atto di produzione formante un tutto solo. Io chiamo periodo di lavoro una tale giornata lavorativa, costituita dal susseguirsi di un numero più o meno grande di giornate lavorative formanti un tutto unico. Quando parliamo di giornata lavorativa, intendiamo la lunghezza del tempo di lavoro durante il quale l'operaio deve spendere ogni giorno la sua forza lavoro, deve giornalmente lavorare. Quando invece parliamo di periodo di lavoro, intendiamo il numero di giornate lavorative consecutive e inscindibilmente unite, che sono necessarie, in un dato ramo d'industria, per fornire un prodotto finito. Il prodotto di ogni giornata lavorativa non è qui che un prodotto parziale che si deve portare avanti di giorno in giorno, e che solo al termine del periodo più o meno lungo del tempo di lavoro riceve la sua forma definitiva, è un valore d'uso finito.
Perciò le interruzioni, le perturbazioni del processo di produzione sociale, per es. in seguito a crisi, agiscono in modo assai diverso sui prodotti del lavoro di natura discreta, e su quelli che invece richiedono per la loro produzione un periodo di una certa lunghezza formante un tutto unico. Neil'un caso, alla produzione odierna di una data massa di refe, carbone, ecc., non segue domani nessuna nuova produzione di refe, carbone, ecc. Non così dicasi per le navi, gli edifici, le ferrovie, ecc. Qui, non solo si interrompe il lavoro; si interrompe un atto di produzione formante un tutto unico: se l'opera non viene portata avanti, i mezzi di produzione e il lavoro già consumati nel produrla sono spesi inutilmente. Anche se la si riprende, nell'intervallo un certo deterioramento ha sempre avuto luogo.
Per tutta la durata del periodo di lavoro, la parte di valore che il capitale fisso cede di giorno in giorno al prodotto, fino alla sua maturità, si accumula a strati successivi. E qui si mostra al contempo, in tutta la sua importanza pratica, la differenza fra capitale fisso e capitale circolante. Il capitale fisso è anticipato al processo di produzione per un arco di tempo di una certa lunghezza; non ha bisogno d'essere rinnovato prima che questo termine magari pluriennale sia trascorso. Il fatto che la macchina a vapore ceda il suo valore al refe, prodotto di un processo lavorativo discreto, ogni giorno, per frazioni successive, o lo ceda alla locomotiva, prodotto di un atto di produzione continuo, nel corso di tre mesi, non cambia nulla all'esborso del capitale necessario per l'acquisto della macchina a vapore. Il suo valore rifluisce in un caso in piccole dosi, ad es. settimana per settimana; nell'altro, in dosi più grandi, per es. trimestrali. Ma, in entrambi, il rinnovo della macchina a vapore non avviene, forse, che dopo 20 anni. Finché ogni singolo periodo durante il quale il suo valore rifluisce per gradi mediante la vendita del prodotto è più breve del suo proprio periodo di esistenza, la stessa macchina a vapore continua a funzionare nel processo di produzione nel corso di più periodi di lavoro.
Non così per gli elementi circolanti del capitale anticipato. La forza lavoro acquistata per questa settimana è spesa durante questa stessa settimana, e si è oggettivata nel prodotto. Bisogna pagarla alla fine di questa settimana. E un tale esborso di capitale in forza lavoro si ripete settimanalmente nell'arco di tre mesi, senza che la spesa di questa parte di capitale in una settimana permetta al capitalista di far fronte all'acquisto del lavoro nella settimana successiva. Bisogna spendere settimanalmente nel pagamento di forza lavoro nuovo capitale addizionale, e, se prescindiamo da ogni rapporto di credito, il capitalista dev'essere in grado di pagare salari per il periodo di tre mesi, anche se li paga soltanto a dosi settimanali. Lo stesso accade per l'altra parte del capitale circolante; le materie prime ed ausiliarie. Uno strato di lavoro dopo l'altro si deposita sul prodotto. Non solo il valore della forza lavoro spesa, ma anche plusvalore, viene costantemente trasferito al prodotto nel corso del processo di lavoro; a un prodotto, tuttavia, incompleto, che non ha ancora la forma della merce finita e che, quindi, non può ancora circolare. Lo stesso è vero per il valore capitale trasmesso al prodotto, a strati, nelle materie prime e ausiliarie. Secondo la durata più o meno lunga del periodo di lavoro, richiesta dalla specifica natura del prodotto (o dell'effetto utile da ottenere) per la sua produzione, si rende necessario un esborso addizionale continuo di capitale circolante (salario, materie prime e ausiliarie), nessuna delle cui parti si trova in una forma atta a circolare né, quindi, può servire al rinnovo della stessa operazione; ognuna è invece ancorata successivamente entro la sfera di produzione come elemento del prodotto in divenire, è vincolata nella forma di capitale produttivo. Ma il tempo di rotazione è eguale alla somma del tempo di produzione e del tempo di circolazione del capitale: ne segue che un prolungamento del tempo di produzione riduce la velocità di rotazione tanto quanto un prolungamento del tempo di circolazione. Nel caso che qui consideriamo, vanno però osservati due punti:
i). Il soggiorno prolungato nella sfera di produzione. Sia il capitale anticipato, per es. nella prima settimana, in lavoro, materie prime, ecc., sia la parte di valore ceduta dal capitale fisso al prodotto, restano ancorati per tutto il corso dei tre mesi nella sfera di produzione e, in quanto incorporati in un prodotto soltanto in divenire, non ancora finito, non possono entrare nella circolazione come merce.
2). Poiché il periodo di lavoro necessario all'atto di produzione dura tre mesi, e non costituisce in realtà che un processo lavorativo formante un tutto unico, ogni settimana una nuova dose di capitale circolante dev'essere continuamente aggiunta a quelle che la precedono. La massa del capitale addizionale anticipato in dosi successive cresce, quindi, con la lunghezza del periodo di lavoro.
Siamo partiti dall'ipotesi che nella filatura tessile e nella costruzione di macchine siano investiti capitali di pari grandezza; che questi capitali siano ripartiti in proporzioni eguali in capitale costante e variabile, oltre che in capitale fisso e circolante; che le giornate lavorative siano di eguale lunghezza; insomma, che tutte le condizioni siano le stesse, salvo la durata del periodo di lavoro. Nella prima settimana, l'esborso è per entrambi il medesimo, ma il prodotto del filatore può essere venduto e, con il ricavato della vendita, si possono comprare nuova forza lavoro e nuove materie prime, ecc.; in breve, la produzione può proseguire sulla stessa scala. Il fabbricante di macchine, invece, può riconvertire in denaro il capitale circolante speso nella prima settimana, e così riprendere ad operare, solo dopo tre mesi, una volta ultimato il suo prodotto. V'è quindi, in primo luogo, differenza nel riflusso della stessa quantità di capitale sborsato; ma, in secondo luogo, se è vero che durante ì tre mesi la filatura e la costruzione di macchine hanno impiegato un capitale produttivo di pari grandezza, è anche vero che l'entità dell'esborso di capitale è ben diversa per il filatore e per il costruttore di macchine, dato che nell'un caso lo stesso capitale si rinnova celermente e la stessa operazione può quindi ripetersi di bel nuovo, mentre nell'altro si rinnova relativamente solo a poco a poco, cosicché, fino al termine del suo rinnovo, alle vecchie quantità di capitale bisogna aggiungere continuamente nuove quantità. Ne segue che sono diversi sia l'arco di tempo nel quale si rinnovano determinate porzioni del capitale, ovvero la durata del tempo di anticipazione, sia la massa del capitale (benché il capitale giornalmente o settimanalmente utilizzato sia lo stesso) che, a seconda della durata del processo di lavoro, è necessario anticipare. La circostanza va tenuta presente perché la lunghezza dell'anticipazione può crescere, come nei casi di cui si parlerà nel capitolo successivo, senza che per questo la massa del capitale da anticipare aumenti in proporzione ad essa. Il capitale dev'essere anticipato per uno spazio di tempo più lungo, e una quantità maggiore di capitale è vincolata nella forma di capitale produttivo.
Negli stadi non ancora sviluppati della produzione capitalistica, le imprese che comportano un lungo periodo di lavoro, e quindi grandi investimenti di capitale per un tempo piuttosto lungo, soprattutto se realizzabili soltanto su vasta scala, non vengono condotte capitalisticamente: per esempio, strade, canali, ecc, costruiti a spese dei comuni o dello stato (in tempi più antichi, per quanto riguarda la forza lavoro, generalmente con lavoro coatto). Oppure, i prodotti il cui approntamento esige un periodo di lavoro piuttosto lungo vengono solo in minima parte fabbricati con le sostanze del capitalista stesso. Per es. nell'edilizia, il privato per il quale si costruisce la casa versa all'impresario edile una serie successiva di acconti: quindi, in realtà, paga la casa pezzo per pezzo, via via che il suo processo di produzione si svolge. Nell'era capitalistica sviluppata, invece, in cui, da una parte, massicci capitali si concentrano nelle mani di singoli e, dall'altra, ai capitalisti singoli si affianca il capitalista associato (società per azioni) e al contempo è progredito il sistema creditizio, accade ancora solo in casi eccezionali che un impresario edile capitalistico costruisca su ordinazione per privati. Egli fa un affare costruendo per il mercato file di case e interi rioni, così come capitalisti singoli fanno un affare costruendo ferrovie in quanto appaltatori.
Fino a che punto, a Londra, la produzione capitalistica abbia rivoluzionato l'edilizia civile, risulta dalle deposizioni di un'impresario * alla commissione parlamentare d'inchiesta sulle banche del 1857. Quando era giovane, vi si legge, le case venivano generalmente costruite su ordinazione, e l'impresario edile riceveva l'ammontare pattuito a rate durante la costruzione, a compimento di determinati stadi di questa. Era raro che si costruisse per speculazione; gli impresari in genere vi ricorrevano solo per tenere occupati regolarmente gli operai e non lasciarli disperdere. Negli ultimi quarant'anni, tutto è cambiato. Su ordinazione non si costruisce quasi più nulla. Chi ha bisogno di una nuova casa, se la cerca fra quelle già costruite, o che si stanno costruendo, per speculazione. L'impresario edile non lavora più per i clienti, ma per il mercato; come ogni altro industriale, è costretto ad avere sul mercato della merce finita. Mentre, una volta, un impresario aveva contemporaneamente in costruzione a fini speculativi forse tre o quattro case, oggi deve acquistare un terreno di una certa estensione (cioè, in linguaggio continentale, prenderlo in affìtto generalmente per 99 anni), costruirvi sopra fino a 100-200 case e così lanciarsi in un'impresa che supera le sue sostanze personali di 20-50 volte. I fondi si procurano accendendo ipoteche, e il denaro viene posto a disposizione dell'impresario nella misura in cui progredisce la costruzione dei singoli edifici. Se poi viene una crisi che blocca il pagamento delle rate di acconto, in genere l'impresa va a picco; nell'ipotesi migliore, le case rimangono incompiute in attesa di tempi più propizi; nella più dannata, vengono messe all'asta e svendute a metà prezzo. Oggi, l'impresario edile che non costruisce per speculazione, e su vasta scala, non riesce più a tirare avanti. Il profitto della costruzione in quanto tale è modestissimo; l'utile principale viene dall'aumento della rendita fondiaria, dall'abile scelta e utilizzazione del terreno edificabile. Su questa via della speculazione che anticipa la domanda di case, sono stati quasi completamente costruiti i quartieri di Belgravia e di Tyburnia e le migliaia e migliaia di villette intorno a Londra. (Riassunto dal Report from the Select Committee on Bank Acts, Part I, 1857, Evidence, Domande 5413-5418, 5435-5436) ».
L'esecuzione su vasta scala di opere a periodo di lavoro notevolmente lungo appartiene integralmente in proprio alla produzione capitalistica solo allorquando la concentrazione del capitale è già molto avanzata e, d'altra parte, lo sviluppo del sistema del credito offre al capitalista il comodo espediente di anticipare, e quindi anche rischiare, capitale non proprio, ma altrui. Si capisce da sé, tuttavia, che l'appartenenza o meno del capitale anticipato nella produzione a chi lo impiega, non influisce in alcun modo sulla velocità di rotazione e sul tempo di rotazione.
Le circostanze che, come la cooperazione, la divisione del lavoro, l'impiego di macchine, aumentano il prodotto della singola giornata lavorativa, abbreviano nello stesso tempo i periodi di lavoro per atti di produzione formanti un tutto unico. Così il macchinario abbrevia il tempo di costruzione di case, ponti, ecc.; le mietitrici e trebbiatrici meccaniche ecc. abbreviano il periodo di lavoro richiesto per la trasformazione del grano maturo in merce finita. Il perfezionamento nella costruzione delle navi riduce, grazie all'aumento della velocità, il tempo di rotazione del capitale investito nella navigazione a vapore. Questi miglioramenti che accorciano il periodo di lavoro, e quindi il tempo per il quale si deve anticipare capitale circolante, sono però legati quasi sempre a un esborso accresciuto di capitale fisso. D'altra parte, in dati rami d'industria il periodo di lavoro può essere abbreviato mediante puro e semplice ampliamento della cooperazione; la costruzione di una ferrovia viene completata in tempi più brevi mobilitando eserciti di lavoratori e così attaccando l'opera da più punti dello spazio. Il tempo di rotazione viene qui ridotto grazie all'aumento del capitale anticipato. Più mezzi di produzione e più forza lavoro devono infatti riunirsi sotto il comando del capitalista.
Se perciò la riduzione del periodo di lavoro è generalmente legata all'aumento del capitale anticipato per il tempo più breve, cosicché, nella misura in cui si abbrevia il tempo di anticipazione, si accresce la massa in cui viene anticipato il capitale, si deve qui ricordare tuttavia che, a prescindere dalla massa esistente del capitale sociale, quel che conta è il grado in cui sono dispersi o invece riuniti nelle mani di capitalisti individuali i mezzi di produzione e di sussistenza, rispettivamente la disponibilità di essi; quindi, il volume già raggiunto dalla concentrazione dei capitali. Il credito, nella misura in cui media, accelera ed esalta la concentrazione di capitale in una sola mano, contribuisce ad abbreviare il periodo di lavoro e, con ciò, il tempo di rotazione.
In rami di produzione nei quali il periodo di lavoro, continuo o interrotto che sia, è prescritto da determinate condizioni naturali, nessun abbreviamento è possibile coi mezzi sopracitati. « L'espressione: rotazione più veloce, non si può applicare ai raccolti di cereali, perché qui è possibile soltanto una rotazione all'anno. Quanto al bestiame, chiediamo semplicemente: come accelerare la rotazione di pecore in età di due e tre anni, e di buoi in età di quattro e cinque? ». (W. Walter Good, Politicai, Agricul-tural, and Commercial Fallacies, Londra, 1866, p. 325).
La necessità di avere prima denaro liquido (ad es. per pagare prestazioni fisse, come imposte, rendita fondiaria, ecc.) risolve il problema a grave danno dell'agricoltura, in quanto, per es., si vende e si macella il bestiame prima che abbia raggiunto l'età economica normale: cosa che, alla fine, provoca anche un rialzo dei prezzi della carne.
« Coloro che un tempo allevavano bestiame soprattutto per rifornirne i pascoli delle Midland counties d'estate e le stalle delle contee orientali d'inverno... hanno risentito delle oscillazioni e cadute dei prezzi del grano al punto d'essere felici di potersi avvantaggiare degli alti prezzi del burro e del formaggio; portano il primo settimanalmente sul mercato, per coprire le spese correnti; contro il secondo ottengono anticipi da un fattore, che ritira il formaggio non appena lo si possa trasportare, e che, naturalmente, è lui a fare il prezzo. Per questo motivo, e l'agricoltura essendo retta dai princìpi fondamentali dell'economia politica, i vitelli che prima dalle contrade di produzione del latte scendevano al sud per esservi allevati, oggi vengono sacrificati in massa, spesso quando hanno appena otto o dieci giorni di vita, nei mattatoi di Birmingham, Manchester, Liverpool e di altre grandi città limitrofe. Se invece il malto fosse esente da imposte, non solo i fittavoli avrebbero guadagnato di più, e così sarebbero stati in grado di conservare il loro bestiame giovane finché fosse più vecchio e più pesante, ma coloro che non tengono mucche si sarebbero serviti del malto invece del latte per l'allevamento dei vitelli, e si sarebbe in gran parte evitata la terribile penuria odierna di bestiame giovane. Se oggi si raccomanda a questi contadini minuti di allevare vitelli, ci si sente rispondere: sappiamo molto bene che l'allevamento a base di latte sarebbe conveniente, ma prima di tutto dovremmo sborsare denaro, cosa che non ci possiamo permettere, e, in secondo luogo, dovremmo aspettare a lungo prima di riavere il nostro denaro, mentre nell'economia lattiera lo abbiamo subito indietro» (ibid., pp. n-12).
Se il prolungamento della rotazione ha effetti del genere persino tra i piccoli affittuari inglesi, è facile capire quali perturbazioni debba causare fra i piccoli coltivatori diretti del continente.
In corrispondenza alla durata del periodo di lavoro, quindi anche del periodo di tempo necessario affinché la merce sia finita e possa circolare, la parte di valore che il capitale fisso cede in strati successivi al prodotto si ammucchia, e tarda a rifluire. Ma un simile ritardo non causa un esborso rinnovato in capitale fisso. La macchina continua a funzionare nel processo di produzione, sia che la reintegrazione della sua usura rifluisca lentamente o rapidamente in forma denaro. Non così stanno le cose per il capitale circolante. Non solo qui, in rapporto alla durata del periodo di lavoro, si deve immobilizzare capitale per un tempo piuttosto lungo, ma si deve anticipare continuamente nuovo capitale in salari, materie prime e materie ausiliarie. Un ritardo nel riflusso agisce quindi in modo diverso sull'uno e sull'altro. Il riflusso può essere più o meno rapido; il capitale fisso non cessa perciò di operare. Il capitale circolante, invece, posto che il riflusso tardi, non è più in grado di svolgere la sua funzione se giace in forma di prodotto invenduto o non finito, non ancora atto alla vendita, e se non esiste capitale addizionale per rinnovarlo in natura.
« Mentre il contadino fa la fame, il suo bestiame prospera. È piovuto abbastanza, e l'erba da foraggio è in rigoglio. Il contadino indiano morirà di inedia accanto a un bue ben pasciuto. I precetti della superstizione appaiono crudeli nei riguardi del singolo, ma per la società sono salutari; la conservazione del bestiame da lavoro assicura la continuità della lavorazione dei campi e quindi le fonti di sussistenza e ricchezza in futuro. Può suonare duro e triste, ma tant'è: in India, un uomo è più facile da sostituire, che un bue » (Return, East India. Madras and Orissa Fantine, nr. 4, p. 44). Si confronti il passo del Manava-Dharma-Sastra , cap. X, par. 62:
« Il sacrificio della vita senza ricompensa, per conservare un prete o una mucca [...] può assicurare la beatitudine di queste caste dagli umili natali ».
Naturalmente, fornire un animale di cinque anni prima del termine del quinquennio è impossibile. Ma quel che si può, entro certi limiti, è ottenere con un trattamento diverso che le bestie siano pronte in un tempo più breve per l'uso al quale sono destinate. A ciò si è giunti soprattutto grazie a Bakewell. Un tempo, le pecore inglesi, come le francesi ancora nel 1855, non erano pronte per la macellazione prima del quarto o quinto anno di vita. Grazie al sistema Bakewell, una pecora di un anno può già essere ingrassata e, in ogni caso, è già completamente cresciuta prima della fine del secondo anno di età. Mediante un'accurata selezione, Bakewell, un fittavolo di Dishley Grange, ridusse lo scheletro osseo della pecora al minimo indispensabile per la sua esistenza. Le sue pecore andarono sotto il nome di New Leicesters:
« Oggi, l'allevatore può fornire al mercato tre pecore nello stesso tempo in cui, prima, ne approntava una sola, e con un più alto sviluppo, in grandezza e rotondità, delle parti che maggiormente danno carne. Il loro peso è quasi tutto pura carne » (Lavergne, The Rural Economy of England, etc, 1855, p. 20) .
I metodi che abbreviano il periodo di lavoro si possono adottare solo in grado assai diverso nei vari rami d'industria, e non compensano le differenze di durata fra i diversi periodi di lavoro. Per limitarci al nostro esempio, l'impiego di nuove macchine utensili può ridurre in assoluto il periodo di lavoro necessario per la fabbricazione di una locomotiva. Ma se nella filatura, grazie a processi lavorativi migliorati, il prodotto finito fornito giornalmente o settimanalmente cresce con rapidità molto maggiore, la durata del periodo di lavoro nella fabbricazione di macchine è tuttavia, a paragone della filatura, relativamente aumentata.